Il 31 ottobre 1729 nasceva Vittorio Amedeo Gioanetti in una famiglia borghese e fedele alla casa Sabauda. A soli 22 anni si laureò in medicina, ebbe la "Condotta" nella zona del Regio Parco ed entrò a far parte del Collegio di Medicina della Regia Università, diventando poi capo dell'Ufficio di Protomedicato, carica che mantenne per 25 anni. Oltre ad essere un buon medico, Vittorio coltivò lo studio e la ricerca nel campo della chimica.
Nel 1760 il Conte Angelo Saluzzo di Monesiglio con Luigi Lagrange e Giovanni Cigna fondò, con il patrocinio del Re Carlo Emanuele III, l'Accademia delle Scienze che raccolse molti scienziati torinesi e favorì gli scambi ed i confronti tra le varie discipline.
Anche Gioanetti partecipò attivamente ai lavori dell'Accademia, si fece apprezzare sia come medico sia come studioso, maturando inoltre esperienze che lo arricchirono culturalmente.
Negli stessi anni a Parigi Antoine Laurent Lavoisier compiva i suoi studi e portava a termine le sue rivoluzionarie scoperte nell'ambito della chimica.
Gioanetti abbracciò subito le nuove teorie e, spendendo tutti i suoi risparmi, si costruì un laboratorio chimico. Si applicò soprattutto allo studio delle terre fossili e nel 1774 pubblicò ben 21 ricette diverse per fabbricare un buon gres, ma i suoi studi dovevano arrivare alla porcellana, la cui produzione, fino a quel periodo, era stata un'esclusiva della Cina e tutti i tentativi fatti in Italia di riprodurla non arrivarono a buoni risultati.
Il fatto di possedere un proprio laboratorio gli permise di aumentare le sue conoscenze, grazie agli studi ed alle conseguenti pubblicazioni aumentò anche la sua fama, tanto che molti giovani si recarono da lui a prendere lezioni di chimica desiderosi e curiosi di poter sperimentare le leggi chimiche.
Egli approfondì la conoscenza della concia delle pelli, scoprì per primo la presenza di zucchero nel mais, si occupò delle analisi delle acque minerali della Val d'Aosta e, per queste sue conoscenze ebbe anche importanti incarichi ufficiali.
Il Governo Sardo forniva il sale alla Svizzera. Caso volle che scoppiasse un'epidemia nel Cantone di Berna, i medici locali accusarono il Governo Sardo di aver fornito sale impuro causa dell'epidemia. Il Gioanetti, incaricato dal Ministro, dimostrò con le sue analisi l'infondatezza dell'accusa, suffragata dal fatto che l'epidemia si era diffusa nella sola zona di Berna, mentre il sale era fornito in tutto il territorio svizzero.
I Savoia furono sempre attenti a tutte le novità ed a seguire sempre la moda e, a questo proposito, nel 1795, fu fondata una Società con a capo Giovanni Brodel per la fabbricazione di oggetti in porcellana. Dopo un primo fallimento, egli ottenne l'uso del Regio Castello di Vinovo per allestire la sua fabbrica, ma una cattiva gestione portò ad un nuovo fallimento, ed il Re Vittorio Amedeo III dovette svendere il vasellame per limitare i danni; era la fine dell'anno 1779.
Non ostante ciò il Re affidò la direzione della Reale Fabbrica Porcellane a Gioanetti.

Questi, grazie alla sua abilità, ottenne ottimi risultati utilizzando le terre povere piemontesi sapientemente miscelate. Si racconta che per risparmiare facesse raccogliere i bianchi sassi del Chisola, torrente che scorre vicino al paese, e li facesse macinare per utilizzarli nella sua fabbrica.

Egli si valse anche di ottimi collaboratori, abili modellatori e decoratori.
La fine del secolo portò drastici cambiamenti storici: la Famiglia Reale fu costretta all'esilio e iniziò, anche in Italia, il periodo napoleonico.
Anche Gioanetti diede una svolta alla sua vita nel 1799 e, all'età di 70 anni, sposò Anna Maria Battaglino, di 28 anni, da cui ebbe ben otto figli.
L'inizio dell'800 vide l'organizzazione delle prime Esposizioni e Mostre d'Arte patrocinate dall'Accademia delle Scienze. Gioanetti ebbe la soddisfazione di vedere le sue porcellane, non solo nelle dimore reali, ma anche esposte ed apprezzate perfino dai francesi che, con Sévres, ne erano i migliori produttori.

Alcune sue opere si possono ammirare ancora oggi nei musei di Sévres, di Strasburgo e al Museo Civico di Torino.

Dopo la caduta di Napoleone, i Savoia ritornarono in Piemonte, la Fabbrica di Vinovo ritornava ad essere Regia ed il Re in persona si recava spesso a rendere omaggio al Dottor Gioanetti, ormai vecchio ma sempre pronto a difendere la "sua"porcellana.
Il 30 Novembre 1815 si spegneva e con la sua morte iniziò il declino della Porcellana di Vinovo.
A proposito della sua bravura e conseguente notorietà si narrano di lui alcuni aneddoti.
Il nostro medico stava un giorno sperimentando alcune sue ricette nel retro di una farmacia, quando nel negozio entrò una signora che lamentava un forte dolore al ventre. Il farmacista sapendo essere costei una difficile cliente chiese al Gioanetti se poteva lì per lì preparargli un medicamento. Il Nostro in un batter d'occhio preparò un intruglio a base di rosmarino, bicarbonato ed essenze profumate e porgendolo al farmacista disse: "Tò daje son a cola pisoira e dije c'a le na famosa specialità 'd Paris", cioè "Tò da questo a quella rompiscatole e dille che è una famosa specialità di Parigi".
La signora ne ebbe immediato giovamento e da quel dì il farmacista pose in vendita quella bevanda "miracolosa" col nome "Eau de Paris"

Un fatto invece che lasciò letteralmente di stucco alcuni presunti "intenditori d'arte" avvenne a Palazzo Reale.
Il Re aveva commissionato al Gioanetti una serie di vasi che il medico doveva copiare fedelmente da vasi orientali prestati dallo stesso monarca.
Il Gioanetti eseguì l'opera con tale perizia che a stento si individuavano gli autentici dai nuovi. Il Re, desideroso di sentire il parere di esperti, ne invitò alcuni a Palazzo e, mostrando loro una serie di vasi, chiese il parere su questi rifacimenti. Gli esperti dopo lunga consultazione affermarono essere questi pezzi discreti ma non perfetti indicando qua e là alcuni difetti e manchevolezze nella forma e nel colore. Sentito il verdetto, il Re, con grande sorpresa dei presenti, mise nel sacco gli esperti dicendo: "Signori i vasi che avete testé esaminati sono quelli orientali autentici; ora passiamo nella camera accanto e vi mostro quelli del Dott. Gioanetti".
Non si ebbero altri commenti.
E ancora sul conto del Medico-Stregone, circola in Vinovo un'altra leggenda che gli anziani tuttora raccontano.
Si dice che il Gioanetti, impregnato di cultura alchimistica ed esoterica, pensasse ad una conservazione del proprio corpo. A tale scopo aveva pregato i parenti che alla sua dipartita lo racchiudessero in una grossa urna o bara o contenitore di vetro e il tutto posto sotto terra, coperto da uno strato di letame sopra il quale si doveva stendere un altro strato finale di terra.
Pare che in base agli esperimenti da lui condotti, si verificasse in tal modo un processo chimico per cui il letame avrebbe sottratto l'ossigeno presente nel contenitore e in luogo d'esso si sarebbe espanso nella bara stessa un gas derivante dalla fermentazione dello stesso letame, che avrebbe avuto le caratteristiche di poter conservare perennemente il corpo.
Una specie di mummificazione, ovviamente diversa da quella tradizionale che prevede l'asportazione delle viscere, un bagno per vari giorni in acqua salata, con allume ed altri ingredienti atti a bloccare il processo di decomposizione.
Il processo invece suggerito dal Gioanetti partiva da premesse diverse; parrà strano ma ad anni di distanza oggi sappiamo che alcuni ricchi magnati americani, alla loro morte hanno voluto il congelamento del corpo. Uno dei primi casi che fece scalpore fu quello del celebre Walt Disney il cui corpo è tuttora congelato in una bara di vetro.
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